Lo Stato sta rendendo gli individui e le organizzazione di individui più o meno dipendenti da esso? E' un trend invertibile? C'è sempre stato? E' una tendenza naturale o eccezionale? Lo Stato tende per caso ad accrescere le sue funzioni quanto più gli è possibile? Con quali conseguenze? Quali sono i motivi per cui il popolo "desidera" lo stato? Alla luce dei fatti, sono rispettate le sue aspettative In che proporzione? Un prelievo del 50% sulla ricchezza prodotta e sugli scambi forse non è sufficiente per redistribuire come promesso il reddito? Perchè no? Non è forse un sistema socialista? Se no, in cosa consisterebbe un sistema socialista? Le cose potevano andare diversamente e solo il caso ha voluto che andassero male, o la ricchezza per tutti è la più pericolosa delle utopie? Un sistema senza leggi è un sistema senza regole? Che differenza passa tra l'uno e l'altro? Può essere un sistema di regole più efficiente, perchè legittimo, di uno legale? Può quest'ultimo produrre una società contemporaneamente iperlegificata ma in situazione di anomìa? E un sistema di regole di principio non scritte? La degenerazione delle forme di governo di cui già ci parla Polibio avviene perchè un sistema di regole formali dura finchè, postulando la loro buona fede, resistono i suoi creatori e sucessivamente vengono aggirate da chi conquista il potere in una degenerazione irreversibile, in cui le regole formali costituiscono però una gabbia per tutti gli altri? | |
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domenica 17 febbraio 2008
Qualche domanda sullo Stato
Prospettiva
Nell'orazione Pro Murena del 63 a.C. Cicerone contesterà a Catilina un'affermazione che rivela il progetto politico di quest'ultimo: «La Repubblica ha due corpi: uno fragile, con una testa malferma; l'altro vigoroso, ma senza testa affatto; non gli mancherà, finché vivo».
L'analisi politica di Catilina conclude dunque che la Repubblica romana vive una separazione gravissima della società dalle istituzioni. Il corpo fragile rappresenta il corpo elettorale romano, spaccato in cricche, clientele e bande (nell'88 a.C. tutti gli italici avevano avuto la cittadinanza romana, ma per votare occorrevano tempo e risorse per recarsi a Roma, da cui la degenerazione clientelare), la testa malferma rappresentava invece il Senato, abituato al potere ereditario, colluso con i grandi proprietari terrieri, composto per lo più dall'ottusa classe del patriziato.
Il corpo vigoroso ma senza testa simboleggiava la massa di contribuenti tartassati e umiliati dal disordine politico (per ripagare i propri reduci, Silla aveva ordinato larghe confische ai piccoli possidenti), senza vera rappresentanza politica, per la quale Catilina si propone come "testa" pensante, rendendosi conto della pericolosità dell'andare contro i poteri forti.
Diversi anni dopo la morte di Catilina, nell'orazione Pro Caelio del 56 a.C. (Celio era stato amico di Catilina), Cicerone ammetterà che Catilina aveva raccolto a sé «anche persone forti e buone», offriva «anche qualche stimolo all'attività e all'impegno», e che in certi momenti era sembrato a Cicerone perfino «un buon cittadino, appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e leale».
Catilina, ammetterà ancora Cicerone, «era gaio, spavaldo, attorniato da uno stuolo di giovani»; per di più, «vi erano invero in quest'uomo caratteristiche singolari: la capacità di legare a sé l'animo di molti con l'amicizia, conservarseli con l'ossequio, far parte a tutti di ciò che aveva, prestar servigi a chiunque con il denaro, con le aderenze, con l'opera...»
Catilina presenta dunque i tratti di un uomo politico di successo, capace di coagulare consenso, ma malvisto dall'oligarchia degli optimates del Senato.
Catilina entra in politica nel 68 a.C., diventando pretore e governando l'Africa nei due anni seguenti.
Al suo ritorno, nel 66 a.C. si candida alla carica di console, ma viene subito perseguito per concussione ed abuso di potere, uscendone assolto; ancora nel 66 fu accusato di una cospirazione con Autronio ed un certo Publio Cornelio Silla, anche se i particolari sono poco chiari. I processi furono sufficienti a mandare a monte l'elezione a console di Catilina.
Alla scadenza del biennio consolare, nel 64 a.C. Catilina si candida nuovamente a console ma il Senato, allarmato dalla sua accresciuta popolarità, gli oppone il più brillante e famoso avvocato del momento, Cicerone. Nel discorso di candidatura In toga candida, Cicerone comincia a costruire la figura più "nera" di Catilina, insinuando che fosse incestuoso, assassino, degenerato; gli optimates, l'oligarchia senatoria, mobilitano le loro clientele a favore di Cicerone, che vince le elezioni.
Catilina, tenace, si candiderà nuovamente per le elezioni del 62 a.C., non prima di essersi guadagnato l'appoggio della plebe romana con ingegnosa demagogia, frequentando attori e gladiatori, idoli del popolino, e promettendo una redistribuzione delle terre demaniali e prede di guerra (guadagnandosi così anche l'appoggio dei veterani di Silla caduti in disgrazia) e addirittura un editto per la remissione dei debiti (detto Tabulae novae). Quest'ultima proposta allarmerà particolarmente la classe senatoria ed il suo rappresentante Cicerone, che non riusciva a non vedere in Catilina «la ferocia, nel suo sguardo il delitto, nelle sue parole la tracotanza, come se avesse già agguantato il consolato» (citazione dall'orazione Pro Murena).
All'ultimo momento Cicerone presentò al Senato delle lettere anonime che accusavano Catilina di cospirare contro la Repubblica, radunando uomini in armi attorno a Fiesole, pur non potendo provarlo. Cicerone inoltre sostenne che Catilina avesse fatto offerte a varie tribù in Gallia per assicurarsi alleati, ma la tribù degli Allobrogi avrebbe rifiutato l'offerta e l'avrebbe resa pubblica attraverso lettere a Cicerone stesso.
Con queste premesse e con un probabile broglio elettorale, nelle elezioni Catilina viene sconfitto da Murena, personaggio gradito al Senato. La questione dei brogli venne sollevata non da Catilina ma da S. Sulpicio Rufo, un altro dei non eletti, e da Catone, un uomo tutto d'un pezzo e notoriamente ostile a Catilina. Cicerone difenderà Murena dalle accuse di brogli ed attaccherà Catilina denunciandone la presunta congiura; Catilina fu costretto a una fuga in Etruria, che però definirà "esilio volontario".
Nel gennaio del 62 a.C. Catilina ed un centinaio di suoi fedelissimi furono intercettati dall'esercito romano nei pressi di Pistoria (ora Pistoia); Catilina morì nella battaglia, e i suoi furono gettati in un fiume. Tale battaglia si svolse sull'appennino pistoiese nei pressi dell'attuale abitato di Campo Tizzoro, alla confluenza del torrente Maresca nel fiume Reno (parecchi storici individuano lo scontro come Battaglia di Campo Tizzoro).
Dobbiamo a Cicerone, suo acerrimo ed eterno nemico politico, la maggior parte delle informazioni su Catilina. La posizione di Cicerone si riassume bene nell’incipit della prima delle orazioni Catilinarie, pronunciata al Senato l'8 novembre del 63 a.C., in presenza dello stesso Catilina, quando Cicerone esordisce con: Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? (fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?)
La nota congiura di Catilina, che ha come fonte principale l'impianto accusatorio di Cicerone, è uno degli eventi più famosi degli ultimi turbolenti decenni della Repubblica Romana. Dalle fonti non risultano chiari gli obiettivi dei cospiratori; secondo quanto riferito da Cicerone, sarebbero stati previsti un incendio doloso ed altri danni materiali, oltre che l'assassinio di personaggi politici (in particolare Cicerone stesso). La congiura si sarebbe sviluppata attraverso incontri segreti - l'ultimo sarebbe avvenuto nella casa del senatore Leca il 6-7 novembre del 63 a.C., alla vigilia della prima Catilinaria - ma una certa Fulvia, amante di uno dei congiurati (Quinto Curio), avrebbe informato direttamente Cicerone del succedersi degli avvenimenti. Quella sera stessa due congiurati (Cornelio e Vargunteio) si sarebbero presentati a casa di Cicerone e, con il pretesto di salutarlo, avrebbero tentato di ucciderlo. Ma lui avvisato da Fulvia sarebbe scampato a quest'attentato.
Cicerone non risparmiò mezzi ed effetti speciali per mettere in cattiva luce Catilina. In attesa dell'esito della denuncia per brogli contro Murena (che avrebbe potuto assegnare regolarmente la carica di console a Catilina, che non aveva dunque motivo per mosse disperate), Cicerone si presentò al Campo Marzio circondato da una scorta e «vestendo quella mia ampia e vistosa corazza [sotto la toga], non perché essa mi proteggesse dai colpi, che io sapevo essere suo costume [di Catilina] sferrare non al fianco o al ventre ma al capo o al collo, bensì per richiamare l'attenzione di tutti gli onesti».
Il console Cicerone, cioè, dopo aver difeso il neo-console Murena dall'accusa di brogli (e allo scopo di evitare l'assegnazione della carica al candidato dell'opposizione Catilina, senza che nessuno contestasse tale conflitto d'interessi), ostenta un comportamento per indurre «gli onesti» a vedere in Catilina un uomo pericoloso, capace di uccidere il suo rivale (quella di Cicerone oggi sarebbe chiamata strategia della tensione). Ne ottiene l'emanazione del senatusconsultum ultimum: in virtù di tale delibera Cetego e Lentulo, i catilinari che non erano scappati con il loro capo (ma, rimasti a Roma, avevano tentato comunque di far sollevare la plebe e la tribù degli Allobrogi), furono portati con i loro seguaci nel carcere Mamertino dove furono strangolati uno a uno: il vulnus così inferto alla Costituzione romana fu in futuro rimproverato a Cicerone, perché si trattata di cittadini che, prima dell'esecuzione, avrebbero avuto diritto alla provocatio ad populum, la richiesta di grazia sulla quale erano chiamati a pronunciarsi i comizi elettivi delle tribù romane.
Lo storico Sallustio ha scritto un resoconto dell'intera questione circa 20 anni dopo il fatto, dal titolo De Catilinae coniuratione, senza però discostarsi significativamente dalle descrizioni di Cicerone (le differenze storiche sono per lo più sulla cronologia, probabilmente errori involontari di Sallustio dettati da un lapsus mnemonico, o forse usati per scagionare Cesare dal sospetto di aver partecipato per un periodo alla congiura).
Forse non abbiamo capito nulla
lunedì 28 gennaio 2008
Le Rane vogliono un re
non quia crudelis ille, sed quoniam grave omne insuetis onus, et coepissent queri, Aesopus talem tum fabellam rettulit.'Ranae, vagantes liberis paludibus, clamore magno regem petiere ab Iove, qui dissolutos mores vi compesceret. Pater deorum risit atque illis dedit parvum tigillum, missum quod subito vadi motu sonoque terruit pavidum genus. Hoc mersum limo cum iaceret diutius, forte una tacite profert e stagno caput, et explorato rege cunctas evocat. Illae timore posito certatim adnatant, lignumque supra turba petulans insilit.

Quelle nuotano verso il re a gara, il timore essendo stato da loro deposto, e quella turba petulante salta sopra il legno. Cui dopo aver contaminato con ogni specie di insulto, mandarono a Giove a domandare un altro re, poichè quello che era stato dato era buono a nulla. Allora mandò loro una biscia d'acqua, la quale incominciò a pigliarle una dopo l'altra col dente aguzzo. Invano, senza difesa, tentan di sfuggire la morte; la paura soffoca la voce. Danno pertanto di soppiatto incarichi a Mercurio per Giove, affinchè venga loro, rovinate, in aiuto. Allora il dio in risposta: 'Poichè non voleste', disse, 'tenere il vostro buon re, ora tenetevi sino alla fine uno cattivo.' 'Voi pure, o cittadini,' disse Esopo, 'sopportate il presente male, acciocchè un maggiore non venga.'
giovedì 29 novembre 2007
L'ignoranza è forza

Questo testo è tratto dal saggio di Emmanuel Goldstein sul collettivismo oligarchico, saggio "finto" che viene letto dal protagonista di 1984, Winston, e dalla sua amata, Julia. Chi non avesse letto 1984 non avrà alcun problema a comprendere i passi successivi, nè deve temere di pregiudicarsi il futuro godimento di uno dei libri più dolorosi - e belli - che esistano.
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Fin dall’inizio del tempo che si possa ridurre alla memoria, e probabilmente fin dalla conclusione dell’età Neolitica, ci sono state, nel mondo, tre specie di persone, le Alte, le Medie e le Basse.
Esse sono state suddivise in vari modi, hanno avuto nomi diversi, in numero infinito, e la loro proporzione relativa, cosi come l’atteggiamento dell’una verso l’altra, sono stati diversi a seconda delle età: l’essenziale struttura della società non si è però, alterata. Anche dopo enormi rivoluzioni ed apparenti irrevocabili mutamenti , si è sempre ristabilito il solito schema, così come un giroscopio ritornerà sempre in equilibrio per quanto venga spinto lontano sia in una direzione, sia in quella opposta.
Gli scopi di questi tre gruppi sono del tutto inconciliabili fra loro. Lo scopo del gruppo che chiameremo delle persone Alte è quello di restare dove esse sono. Lo scopo delle persone Medie è quello di sostituirsi alle Alte. Lo scopo delle persone Basse, quando esse hanno uno scopo (perché è una peculiare caratteristica delle Basse d’esser troppo schiacciate dal peso del lavoro, durissimo e servile, che prestano per essere, se non di tanto in tanto, coscienti di qualche cosa che non siano le preoccupazioni della vita quotidiana) è quello di abolire ogni distinzione e creare quindi una società in cui tutti gli uomini siano uguali. Così la storia registra, attraverso tutte le età, una lotta, che è sempre la stessa nelle sue linee essenziali e che non fa che ripetersi, con incessante regolarità. Per lunghi periodi, gli Alti sembra che tengano sicuramente il Potere, ma prima o poi viene sempre un momento in cui perdono la fiducia in se stessi o la capacità di governare stabilmente, ovvero le perdono entrambe.
Essi vengono rovesciati, allora, dalle persone Medie, che reclutano al loro fianco le Basse, dando loro a intendere che combattono per la libertà e per la giustizia. Una volta raggiunto il loro obiettivo, le Medie respingono le Basse nella loro previa posizione servile, e divengono esse stesse Alte.
Subito senza dar tempo al tempo , un nuovo gruppo di persone Medie sbuca fuori da uno degli altri due gruppi, ovvero da tutti e due, e la lotta riprende immutata. Dei tre gruppi, soltanto quello delle persone Basse non è mai , nemmeno per breve tempo, capace di riuscire nei suoi scopi. Sarebbe una esagerazione affermare che, attraverso la storia, non ci sia stato alcun progresso di specie materiale. Anche oggigiorno, in un periodo che pure è di decadenza, l’uomo medio è fisicamente, più progredito di quanto non lo fosse pochi secoli innanzi.
Ma nessun accrescimento della ricchezza, nessun addolcimento dei sistemi di governo, né alcuna riforma o rivoluzione, sono riusciti mai a porre innanzi d’un millimetro il sogno dell’uguaglianza fra gli uomini. Dal punto di vista delle persone che abbiamo convenuto di chiamare Basse, nessun mutamento storico ha mai significato qualcosa di più che un cambiamento dei nomi dei padroni.