'>
Visualizzazione post con etichetta Politca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Politca. Mostra tutti i post

martedì 9 dicembre 2008

Subway Poem

As the train rolls
into the sleepy station
late like any other day,
I find myself thinking
about the sense of human actions

I sit and watch them
for they want to be judged
or else wouldn't exist
but in their dreams of a world
that never spins

Ruins of bright days
are left behind
for rats and weeds
to settle down and build
golden bridges and cranes

Faces like shoe-boxes
filled with worries and pain
lay one onto the other,
eternally stuck
in a dance of empty looks

Ear-plugged
scarfed up
lidded men
wonder of bikinis
and new lipsticks to embrace
somewhere, somehow

A neat-head girl reads
of other people's
joy and misfortune,
for she's busy,
so busy,
too busy to live

The wrinkled one
watches the decay
but never blinks;
nothing is new
but a few more wrinkles

And the rambling
restless kids
still questioning the world
look for some fun
and surely find it
as they heavily step on my tired toe

And me, proudly contemplating
the still life of stinky wax statues
breathing on my neck,
I finally find two shiny eyes

They noticed me
and now stare at me
they try to dig me
and know me better

They come from the outer world
behind-the-glass world
other-than-me world

They came and judged me
and then they left

And I can see myself, once again,
mirrored in the window

domenica 17 febbraio 2008

Prospettiva

Da wikipedia


Lucio Sergio Catilina (in latino: Lucius Sergius Catilina), noto più semplicemente come Catilina (108 a.C. - 62 a.C.) fu un politico romano del I secolo a.C. per lo più noto per la congiura che porta il suo nome, un tentativo di sovvertire la Repubblica Romana, ed in particolare il potere oligarchico del Senato. Nato da una famiglia nobile decaduta, la Gens Sergia, servì durante la guerra sociale assieme a Pompeo e Cicerone, sotto il comando di Gneo Pompeo Strabone. Inoltre sostenne Silla nella guerra civile del 84-81 a.C.

Nell'orazione Pro Murena del 63 a.C. Cicerone contesterà a Catilina un'affermazione che rivela il progetto politico di quest'ultimo: «La Repubblica ha due corpi: uno fragile, con una testa malferma; l'altro vigoroso, ma senza testa affatto; non gli mancherà, finché vivo».

L'analisi politica di Catilina conclude dunque che la Repubblica romana vive una separazione gravissima della società dalle istituzioni. Il corpo fragile rappresenta il corpo elettorale romano, spaccato in cricche, clientele e bande (nell'88 a.C. tutti gli italici avevano avuto la cittadinanza romana, ma per votare occorrevano tempo e risorse per recarsi a Roma, da cui la degenerazione clientelare), la testa malferma rappresentava invece il Senato, abituato al potere ereditario, colluso con i grandi proprietari terrieri, composto per lo più dall'ottusa classe del patriziato.

Il corpo vigoroso ma senza testa simboleggiava la massa di contribuenti tartassati e umiliati dal disordine politico (per ripagare i propri reduci, Silla aveva ordinato larghe confische ai piccoli possidenti), senza vera rappresentanza politica, per la quale Catilina si propone come "testa" pensante, rendendosi conto della pericolosità dell'andare contro i poteri forti.

Diversi anni dopo la morte di Catilina, nell'orazione Pro Caelio del 56 a.C. (Celio era stato amico di Catilina), Cicerone ammetterà che Catilina aveva raccolto a sé «anche persone forti e buone», offriva «anche qualche stimolo all'attività e all'impegno», e che in certi momenti era sembrato a Cicerone perfino «un buon cittadino, appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e leale».

Catilina, ammetterà ancora Cicerone, «era gaio, spavaldo, attorniato da uno stuolo di giovani»; per di più, «vi erano invero in quest'uomo caratteristiche singolari: la capacità di legare a sé l'animo di molti con l'amicizia, conservarseli con l'ossequio, far parte a tutti di ciò che aveva, prestar servigi a chiunque con il denaro, con le aderenze, con l'opera...»

Catilina presenta dunque i tratti di un uomo politico di successo, capace di coagulare consenso, ma malvisto dall'oligarchia degli optimates del Senato.

Catilina entra in politica nel 68 a.C., diventando pretore e governando l'Africa nei due anni seguenti.

Al suo ritorno, nel 66 a.C. si candida alla carica di console, ma viene subito perseguito per concussione ed abuso di potere, uscendone assolto; ancora nel 66 fu accusato di una cospirazione con Autronio ed un certo Publio Cornelio Silla, anche se i particolari sono poco chiari. I processi furono sufficienti a mandare a monte l'elezione a console di Catilina.

Alla scadenza del biennio consolare, nel 64 a.C. Catilina si candida nuovamente a console ma il Senato, allarmato dalla sua accresciuta popolarità, gli oppone il più brillante e famoso avvocato del momento, Cicerone. Nel discorso di candidatura In toga candida, Cicerone comincia a costruire la figura più "nera" di Catilina, insinuando che fosse incestuoso, assassino, degenerato; gli optimates, l'oligarchia senatoria, mobilitano le loro clientele a favore di Cicerone, che vince le elezioni.

Catilina, tenace, si candiderà nuovamente per le elezioni del 62 a.C., non prima di essersi guadagnato l'appoggio della plebe romana con ingegnosa demagogia, frequentando attori e gladiatori, idoli del popolino, e promettendo una redistribuzione delle terre demaniali e prede di guerra (guadagnandosi così anche l'appoggio dei veterani di Silla caduti in disgrazia) e addirittura un editto per la remissione dei debiti (detto Tabulae novae). Quest'ultima proposta allarmerà particolarmente la classe senatoria ed il suo rappresentante Cicerone, che non riusciva a non vedere in Catilina «la ferocia, nel suo sguardo il delitto, nelle sue parole la tracotanza, come se avesse già agguantato il consolato» (citazione dall'orazione Pro Murena).

All'ultimo momento Cicerone presentò al Senato delle lettere anonime che accusavano Catilina di cospirare contro la Repubblica, radunando uomini in armi attorno a Fiesole, pur non potendo provarlo. Cicerone inoltre sostenne che Catilina avesse fatto offerte a varie tribù in Gallia per assicurarsi alleati, ma la tribù degli Allobrogi avrebbe rifiutato l'offerta e l'avrebbe resa pubblica attraverso lettere a Cicerone stesso.

Con queste premesse e con un probabile broglio elettorale, nelle elezioni Catilina viene sconfitto da Murena, personaggio gradito al Senato. La questione dei brogli venne sollevata non da Catilina ma da S. Sulpicio Rufo, un altro dei non eletti, e da Catone, un uomo tutto d'un pezzo e notoriamente ostile a Catilina. Cicerone difenderà Murena dalle accuse di brogli ed attaccherà Catilina denunciandone la presunta congiura; Catilina fu costretto a una fuga in Etruria, che però definirà "esilio volontario".

Nel gennaio del 62 a.C. Catilina ed un centinaio di suoi fedelissimi furono intercettati dall'esercito romano nei pressi di Pistoria (ora Pistoia); Catilina morì nella battaglia, e i suoi furono gettati in un fiume. Tale battaglia si svolse sull'appennino pistoiese nei pressi dell'attuale abitato di Campo Tizzoro, alla confluenza del torrente Maresca nel fiume Reno (parecchi storici individuano lo scontro come Battaglia di Campo Tizzoro).

Dobbiamo a Cicerone, suo acerrimo ed eterno nemico politico, la maggior parte delle informazioni su Catilina. La posizione di Cicerone si riassume bene nell’incipit della prima delle orazioni Catilinarie, pronunciata al Senato l'8 novembre del 63 a.C., in presenza dello stesso Catilina, quando Cicerone esordisce con: Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? (fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?)

La nota congiura di Catilina, che ha come fonte principale l'impianto accusatorio di Cicerone, è uno degli eventi più famosi degli ultimi turbolenti decenni della Repubblica Romana. Dalle fonti non risultano chiari gli obiettivi dei cospiratori; secondo quanto riferito da Cicerone, sarebbero stati previsti un incendio doloso ed altri danni materiali, oltre che l'assassinio di personaggi politici (in particolare Cicerone stesso). La congiura si sarebbe sviluppata attraverso incontri segreti - l'ultimo sarebbe avvenuto nella casa del senatore Leca il 6-7 novembre del 63 a.C., alla vigilia della prima Catilinaria - ma una certa Fulvia, amante di uno dei congiurati (Quinto Curio), avrebbe informato direttamente Cicerone del succedersi degli avvenimenti. Quella sera stessa due congiurati (Cornelio e Vargunteio) si sarebbero presentati a casa di Cicerone e, con il pretesto di salutarlo, avrebbero tentato di ucciderlo. Ma lui avvisato da Fulvia sarebbe scampato a quest'attentato.

Cicerone non risparmiò mezzi ed effetti speciali per mettere in cattiva luce Catilina. In attesa dell'esito della denuncia per brogli contro Murena (che avrebbe potuto assegnare regolarmente la carica di console a Catilina, che non aveva dunque motivo per mosse disperate), Cicerone si presentò al Campo Marzio circondato da una scorta e «vestendo quella mia ampia e vistosa corazza [sotto la toga], non perché essa mi proteggesse dai colpi, che io sapevo essere suo costume [di Catilina] sferrare non al fianco o al ventre ma al capo o al collo, bensì per richiamare l'attenzione di tutti gli onesti».

Il console Cicerone, cioè, dopo aver difeso il neo-console Murena dall'accusa di brogli (e allo scopo di evitare l'assegnazione della carica al candidato dell'opposizione Catilina, senza che nessuno contestasse tale conflitto d'interessi), ostenta un comportamento per indurre «gli onesti» a vedere in Catilina un uomo pericoloso, capace di uccidere il suo rivale (quella di Cicerone oggi sarebbe chiamata strategia della tensione). Ne ottiene l'emanazione del senatusconsultum ultimum: in virtù di tale delibera Cetego e Lentulo, i catilinari che non erano scappati con il loro capo (ma, rimasti a Roma, avevano tentato comunque di far sollevare la plebe e la tribù degli Allobrogi), furono portati con i loro seguaci nel carcere Mamertino dove furono strangolati uno a uno: il vulnus così inferto alla Costituzione romana fu in futuro rimproverato a Cicerone, perché si trattata di cittadini che, prima dell'esecuzione, avrebbero avuto diritto alla provocatio ad populum, la richiesta di grazia sulla quale erano chiamati a pronunciarsi i comizi elettivi delle tribù romane.

Lo storico Sallustio ha scritto un resoconto dell'intera questione circa 20 anni dopo il fatto, dal titolo De Catilinae coniuratione, senza però discostarsi significativamente dalle descrizioni di Cicerone (le differenze storiche sono per lo più sulla cronologia, probabilmente errori involontari di Sallustio dettati da un lapsus mnemonico, o forse usati per scagionare Cesare dal sospetto di aver partecipato per un periodo alla congiura).


Forse non abbiamo capito nulla

sabato 26 gennaio 2008

Giovani

Il carro Italia al carnevale di Viareggio e' trainato da vecchi.

Gli ultrasettantenni ci hanno un po' rotto le palle.

La nostra unica speranza per il futuro sono i giovani.

E allora ecco che ripropongo un video

Per ridar fiducia ad una nazione sull'orlo di una crisi di nervi.

Fatevi avanti baldi giovani, siete la nostra unica salvezza!

domenica 7 ottobre 2007

Messaggi Barbarici

Terrorizzata dalla perdita del proprio potere, ventilata dalla sempre maggiore diffusione della rete, dalla maggiore credibilità ed interattività di quest'ultima che ogni giorno di più è attraversata da correnti trasversali di malessere, indignazione e rabbia, Repubblica giudica - ex catedra - una trasmissione che, per la prima volta, si permette di parlare come un blog. Non una censura, non un'intimidazione, una telefonata in diretta. Semplicemente (e, se vogliamo, un pelino populisticamente) una trasmissione che parlava di ciò che accade in Calabria, una vicenda iniziata il 18 Giugno scorso ( che ha aggiunto, in data 13 Luglio, il Prodi nel registro degli indagati) del quale, senza gran fatica, Repubblica era riuscita a non occuparsi.

Ecco come D'Avanzo commenta la trasmissione:

[In coda, presi da youtube, i video della trasmissione.Ndr]

Annozero, che giovedì ha affrontato il "caso De Magistris", è stato una barbarie. Parola da intendere in senso proprio. La scena messa su da Michele Santoro ha creato "condizioni di vita estranee o contrarie a un modo di organizzare l'esistenza" improntato alla civiltà, alle buone maniere, a regole e responsabilità. Se precipiti nella barbarie, nessuno può ragionevolmente sperare di farcela (per questo la civiltà è soprattutto conveniente). Gesti, parole, argomenti - in un contesto primitivo - non possono che avvilirsi in una eccitata violenza che deforma ogni ragione e anche la migliore delle intenzioni. E' quel che è accaduto nella Rai del servizio pubblico lasciando sul terreno la credibilità di tutti i partecipanti, nessuno escluso. Qui ne faremo un breve elenco, cominciando dai due grandi assenti nello studio: il Consiglio superiore della magistratura e il ministro di Giustizia, Clemente Mastella. Sono i maggiori, e più colpevoli, responsabili del "caso De Magistris".

Ecco dunque levarsi la calma ragionata, autorevole, paterna di Repubblica, a rassicurare tutti noi; a spiegarci, indossando maglioni di cashemire, come stanno le cose, a bassa voce, che tanto non c'è bisogno di urlare. A proposito di accusare gli altri di demagogia...

(certo che non bisogna urlare o procedere ai linciaggi sommari, ma bisogna sempre considerare i temi trattati, l'isolamento mediatico e i rischi per le carriere di ciascuno. La tensione era palpabile, non mi sento di buttare nel cesso una trasmissione solo per toni più accesi del consueto. Il rischio è che la gente segua)

Si sa di che cosa si tratta ormai. Luigi De Magistris è pubblico ministero a Catanzaro. Indaga sul sistema di potere che governa l'afflusso dei finanziamenti europei in Calabria (8 miliardi e mezzo di euro tra il 2007 e il 2013). L'investigazione rivela una rosa di contatti che tocca il capo del governo e sfiora lo stesso guardasigilli; un network di amicizie complici che coinvolge qualche succube o attivissima toga. Per riflesso, il pubblico ministero è aggredito, vilipeso, sabotato dalle gerarchie togate di due regioni (Calabria e Basilicata).

Si sa quel che è succeso non per merito tuo, nè del tuo giornale. Inoltre, tradendo uno stile consueto, ecco qui esposto il giornalismo mainstream: c'è una notizia scottante, che vede coinvolti un magistrato calabrese e, tra il registro degli indagati, il ministro della giustizia e il presidente del consiglio; vi sono dei sospetti che le indagini stiano venendo intralciate dall'alto. E Repubblica, invece di parlare di questo, di indagare e approfondire, parla della polemica che segue alla divulgazione (in forma di denuncia) della notizia. Alla stessa dedica 6 righe. Che vergogna (e dico sul serio).

Allora ci penso io a raccogliere un pò di informazioni: breve intermezzo.

____________________________________________________________________

13 Luglio - Secondo il sito "Panorama.it" il Presidente del consiglio sarebbe stato iscritto sul registro degli indagati dalla procura di Catanzaro (che non conferma) per abuso d'ufficio. Un atto dovuto, anche a tutela della difesa. Prodi: "Pur non avendo ricevuto alcuna informazione, confermo la mia totale estraneità".

Dalla Calabria a Bruxelles a San Marino a Prodi, per sillogismi e lateralità. Secondo il sito di Panorama anche il presidente del Consiglio sarebbe incappato nell'inchiesta "Why not", attraverso la quale il sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris sta cercando di ricostruire un comitato d'affari bipartisan che avrebbe il suo cuore pulsante nella superloggia di San Marino. Un comitato ben ammanicato a Bruxelles che avrebbe dirottato fondi e investimenti dell'Unione europea presso società facenti capo ai propri associati.
[8 miliardi di euro circa! NDR]
[...]

Nel suo articolo in rete Panorama fa riferimento preciso a due uomini che sono considerati "vicini" a Romano Prodi: Pietro Scalpellini, consulente "senza stipendio" di Palazzo Chigi per gli affari africani, dipendente di una società di consulenza di San Marino messa in piedi da ex membri di Nomisma, e l'onorevole Sandro Gozi, ex funzionario della Ue, già assistente di Prodi a Bruxelles e attualmente membro della commissione Affari Costituzionali della Camera. Scalpellini, intervistato da Panorama, ha respinto ogni accusa ed ha ammesso solo amicizie con esponenti di Comunione e Liberazione, Compagnia delle Opere (alcuni sono coinvolti nell'inchiesta di Catanzaro) e il presidente del Laboratorio democratico europeo, l'onorevole Sandro Gozi, che non risulta indagato nell'inchiesta.. Il quale, come Prodi, ha appreso le notizie che lo riguardano dal sito di Panorama e, come Prodi, ribadisce la sua estraneità, sia diretta che indiretta, e la propria fiducia nell'operato dei magistrati.

da http://www.aprileonline.info/4091/prodi-indagato-per-abuso-dufficio


Settembre - La voce della Campania pubblica un'inchiesta de La Voce delle Voci. Qui.

Cartolarizzazioni a go go anche in un’altra vicenda che sa tanto di Parmalat. Protagonista dell’affaire da non meno di 10 mila miliardi di vecchie lire il gruppo Banca Popolare dell’Emilia Romagna - BPER per gli aficionados - e il suo braccio operativo, una società a responsabilità limitata modenese, Mutina. Il bubbone sta man mano venendo a galla in una maxi inchiesta condotta dalla procura di Catanzaro su una cupola affaristica che ha fatto il bello e cattivo tempo in Basilicata, coinvolgendo, in una sfilza di affari, pezzi da novanta della politica locale, dell’imprenditoria, faccendieri, banchieri ma anche magistrati (per questo l’inchiesta è approdata alla procura calabrese).
[...]
Sul finire degli anni ’90 una serie di Popolari, soprattutto del centro sud, si trovano in una pesante situazione finanziaria. Emblematico il caso della Popolare dell’Irpinia, balzata agli onori delle cronache col dopo terremoto del 1980, come “lo sportello di casa De Mita”, visto che un grosso pacchetto azionario era detenuto proprio da Ciriaco De Mita (oggi segretario regionale della Margherita e pezzo da novanta nel nascente Partito Democratico) e dai suoi familiari.
[...]
A questo punto, spunta una nuova sigla, la Banca della Campania, che fa un sol boccone dell’Irpinia e della consorella di Salerno, anch’essa protagonista dello stesso copione (ispezioni, denunce, gestione allegra e via di questo passo).
[...]
Nel 2003 il colpaccio. Cosa succede? Il gruppo BPER-Carime fa un sol boccone di 9 banche popolari: oltre a quelle dell’Irpinia e di Salerno (già racchiuse nell’unico scrigno di Banca Campana), quelle di Matera (da qui parte un filone-base dell’inchiesta di Catanzaro), di Crotone, di Lanciano e Sulmona, di Aprilia, nonché la Banca del Monte di Foggia, la Banca di Sassari, la Cassa di risparmio della provincia dell’Aquila. «E’ la prova del 9 per il decollo della BPER sul grande mercato bancario nazionale», commentano alcuni in Borsa.
[...]
Ma vediamo meglio cosa in realtà è successo. Ecco come descriveva l’operazione la Voce nel suo reportage di ottobre 2005. «Cosa fanno allora i vertici Bper-Carime? Pensano bene di cartolarizzare tutti i crediti, o presunti tali, delle nove banche incorporate. Come dire, Totò e la fontana di Trevi: io metto nel mio attivo una montagna creditizia di cui non so un accidenti e subito butto sul mercato una valanga di obbligazioni. Proprio nel perfetto stile Cirio e Parmalat. E i bond, a quanto pare, nell’arco dell’ultimo biennio sono stati adeguatamente collocati presso la solita ignara, “sprovveduta” clientela di risparmiatori. Per un totale di circa 800 milioni di euro, viene precisato dalla sola Banca della Campania. Aggiungendo le altre sette banche, si arriva a sfiorare i 10 mila miliardi delle vecchie lire. Non male»
[...]
L’anno dopo denuncia quest’ultimo istituto chiedendo «la restituzione di tutte le somme indebitamente percepite e inoltra il suo articolato esposto alla procura salernitana». Il solito assordante silenzio. Passa poi, nel 2000, al Csm, chiedendo «come mai la procura di Salerno, malgrado nostri solleciti, non ci porti a conoscenze delle indagini sulle questioni prospettate». Anche Pecoraro approda alla Procura di Modena, dove ad ottobre 2002 presenta un altro esposto, denso di cifre e circostanze inquietanti, sollevando pesantissimi dubbi sull’operazione di marca BPER per il controllo delle popolari del Sud. L’anno seguente, l’ennesimo esposto, contro «quei magistrati che hanno insabbiato tutto». Un vero e proprio muro di gomma, che va avanti da anni, coinvolge procure di mezza Italia e le autorità di controllo (Bankitalia e Consob in prima fila). Riuscirà adesso la procura di Catanzaro a rompere quel muro?

Giusto per capire di cosa si occupava la procura di Catanzaro. Bisogna sempre contestualizzare.

Il simpatico blog clEMENTE MASTELLA (clone di quello del ministro ma con i commenti liberi) prepara invece per i suoi lettori una riquadrino con i protagonisti dell'intricata vicenda. Lo riporto:

- Repubblica. Mastella al Csm: "trasferite i pm De Magistris e Lombardi". Gli ispettori di Mastella avrebbero rilevato "gravi anomalie" nella gestione del fascicolo, contestando a De Magistris il suo rifiuto a riferire gli sviluppi dell'inchiesta (toghe lucane, ndr) al procuratore capo Lombardi, mentre quest'ultimo sarebbe "incolpato" per non aver esercitato alcun controllo sul suo sostituto.

Ecco alcuni personaggi che sono stati toccati dalle inchieste del pm De Magistris:

- Romano Prodi: indagato per abuso di ufficio. Secondo l'accusa, Prodi e i suoi collaboratori avrebbero avuto un ruolo nel "pilotaggio" dei fondi pubblici europei destinati all'Italia nel periodo 2004-2007.
- Lorenza Cesa (Udc): indagato per truffa e associazione per delinquere nell'inchiesta denominata "Poseidone".
- Pino Galati (Udc)
- Giancarlo Pittelli (FI)
- Elisabetta Spitz:
la moglie di Follini
- Clemente Mastella (che strano...): intercettato mentre parla con una delle persone successivamente indagate dalla procura di Catanzaro, tale Antonio Saladino: imprenditore accusato di associazione per delinquere, truffa aggravata e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.
- Giovambattista Papello: personaggio molto vicino all' ex ministro Gasparri (AN). Sarebbe implicato in un traffico di tangenti destinate alle segreterie nazionali dei partiti.
- Fabio Schettini: ritenuto vicino all'ex ministro Frattini (FI). Anche lui indagato per tangenti.
- Giuseppe Chiaravalloti: ex presidente della Regione Calabria.
- Nicola Adamo: esponente di punta dei Ds calabresi. Si ipotizzano a suo carico i reati di truffa, abuso d'ufficio e associazione a delinquere.
- Agazio Loiero: presidente della Regione Calabria, indagato in relazione a reati connessi al settore della sanità.
- Giovanni Dima (An)
- Paolo Poletti:
capo di Stato maggiore della Guardia di Finanza.

Il solito bel quadretto in pratica. Su cui ora però potete anche indagare da soli (grazie al riquadrino :-D).
____________________________________________________________________________

Torniamo a Repubblica:

Lo stato miserevole in cui versa la magistratura calabrese - indifferente, conformista, timida e intimidita, furbissima o connivente - è una novità per l'opinione pubblica, non per il Consiglio superiore. Avrebbe dovuto intervenire per liberare gli uffici da quelle velenose incrostazioni. Non si è mosso da lustri. Non si muove oggi, imprigionato dalla magistratura associata (Anm), in uno strategico e goffo patto con il governo. In cambio di correzioni alla catastrofica riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal centro-destra, le toghe si sono acconciate a uno scaltro quietismo che promette di non disturbare il manovratore, quando e dove serve.

Quindi la colpa è primo di Berlusconi, secondo delle toghe codarde. E la faccenda qui si esaurisce.

E' una condizione che appare al ministro di Giustizia, Clemente Mastella, così favorevole da convincerlo a "infilzare" De Magistris con un'indiavolata sollecitudine e a chiedere al Consiglio - senza alcuna seria urgenza - il trasferimento del pubblico ministero per "gravi violazioni deontologiche". Quali siano ancora nessuno è in grado di dirlo davvero. Girano molte voci anche accreditate, molti "si dice", qualche "bufala", ma nessuno può dire ancora quali siano nel dettaglio le contestazioni del ministro al magistrato. In questa cornice, dovrebbe essere intelligibile per chiunque "il bene" che chiede protezione in quest'affare: l'autonomia di una funzione giudiziaria rispettosa delle regole.

Il perché dovrebbe essere chiaro. Se una giustizia condizionata o minacciata dal potere non è giustizia (l'indipendenza è il presupposto dell'imparzialità del magistrato), non è giustizia nemmeno quando si manifestano prassi in cui prevale una logica dell'efficienza coniugata alla facile idea che per la salus rei publicae bisogna guardare al reo dietro il reato, anche a costo di sacrificare il principio di stretta legalità.

Faccio notare quanto è fuori luogo quel se: una giustizia condizionata o minacciata (da qualsiasi cosa) non è giustizia. In realtà d'Avanzo fa un gran giro di parole per dire che non bisogna procedere con esecuzioni sommarie. Ma allora uno scrive "andiamoci piano", non fa un intero articolo per squalificare chi si occupa dell'argomento. Parla dei fatti, non di come alcuni siano giunte alle conclusioni. Fa un approfondimento per persone adulte, non spiega in prima pagina come il lettore - bagnante di capalbio - deve interpretare ciò che vede in tv, lui così indifeso.

Annozero
comincia male, malissimo. Paragonare la "crisi calabrese" al "grande gioco" di Palermo negli anni Ottanta appare incongruo, sconveniente, di certo un errore di prospettiva che trascura le forze e i poteri che allora erano in conflitto, non rende onore ai "fatti" e alla memoria, alla sapienza e al sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (nonostante la presenza in studio del fratello Salvatore).

Lectio magistralis: "ahi ahi ahi studentelli, vi si lascia fare da soli e guardate cosa avete combinato!! Cosa centra la "crisi calabrese" con la Palermoi degli anni 80? Solo perchè entrambe coinvolgono organizzazioni mafiose e la gente non ne sa nulla vi pare che possiate accomunarle?? Bocciati!! Vergogna a non dare il giusto spazio alla memoria di Borsellino!"
(vergogna tu a passare sopra i cadaveri per ammantarti d'etica!)

La partecipazione di Clementina Forleo sorprende. E' il giudice che scrutina le indagini preliminari per le scalate del 2005 (Antonveneta, Unipol). Ha chiesto al Parlamento di poter utilizzare le intercettazioni D'Alema-Consorte ipotizzando anche una responsabilità penale del ministro degli Esteri. Dice: "E' ora che il Sud si liberi di Don Rodrigo e dei suoi bravi". Ora D'Alema viene eletto al sud, nella stessa regione - la Puglia - che ha dato i natali alla Forleo. E' a lui che si riferiva con quel "Don Rodrigo"? E, se non si riferiva a lui, non si dà spazio a un'ambiguità che scredita D'Alema, ma anche chi dovrebbe giudicarlo, la sua serenità di giudizio, la sua imparzialità (che dovrebbe anche apparire tale)?

Certo, perchè fare un affermazione ambigua in un paese dove è costume far saltare per aria i giudici ora diventa illegittimo perchè offende d'Alema (e ancora non si parla di quel "ci penso io" a Consorte)!

Dice ancora la Forleo: "Purtroppo il giudice viene lasciato solo anche da tanti suoi colleghi. Dopo aver preso scelte scomode io e altre persone ci siamo ritrovati a non avere i soliti inviti e i contatti consueti con colleghi. Anche oggi qualcuno mi ha telefonato e raccomandato: "Sii prudente". Ora la Forleo lavora negli uffici giudiziari di Milano, che a buon titolo consideriamo d'eccellenza. Il suo j'accuse lascia pensare che le toghe di Milano siano così acquiescenti all'attuale potere politico dei Ds da isolarla per le sue decisioni, addirittura da minacciarla con discrezione.


Stanno davvero così le cose, oggi, nell'ufficio che fu di Borrelli, Colombo, Davigo, Di Pietro e che è oggi di Boccassini, Greco, Spataro e di centinaia di altri pubblici ministeri e giudici che, investiti dall'ondata di piena del berlusconismo al governo, hanno conservato il rispetto di se stessi, del proprio regolato lavoro e della Costituzione? Si fa fatica a crederlo. Per crederlo, bisognerebbe documentarlo meglio. Se non si può documentare meglio, converrebbe tacere a meno di non voler correre il rischio di diffondere, senza ragione e ragionevolezza, un ingiusto discredito su un'istituzione dello Stato e sui suoi servitori.

Borrelli, Colombo, Bocassini, Greco e Spataro hanno mai indigato sui Ds? Perchè la Forleo ha, sui suoi dirigenti, idee molto precise.
Se non hai le prove che due persone si sono "sussurrate nelle orecchie qualcosa" è meglio che fingi di non vedere. E non è una minaccia, è un cosiglio. In questo paese è così che si va avanti, e non solo qui.

Il peggio, in ogni caso, lo offre Michele Santoro. Organizza una trasmissione che rende incomprensibile la "materia del contendere". Davvero quei ragazzi raccolti da Annozero (e i telespettatori) hanno compreso quali sono le circostanze e "i principi" messi in gioco dal "caso De Magistris"? La ricostruzione, gonfia di emotività, suggestioni, commozioni, li ha come rimossi. Santoro ne propone la chiave concettuale. Dice: non ci interessano le regole, la forma che doveva rispettare De Magistris, non ci interessano i suoi errori anche probabili. Ci interessa "la sostanza", il resto sono "quisquilie".

L'anchorman sembra ignorare (o voler ignorare) quanti orrori possono accadere quando un magistrato arriva al massimo dell'indignazione e, in nome della giustizia, pretende un castigo e, se non lo ottiene, avvia un ciclo di ritorsioni. Sembra non comprendere che un potere che schiaccia un magistrato, e un magistrato che non si cura delle procedure, sono due aspetti della stessa barbarie. Altro che quisquilie, perché se al politico gli si può interdire il voto, al magistrato no. L'unica garanzia che abbiamo è che rispetti le regole perché un potere sostanzialistico e punitivo ha sempre la vocazione a espandersi oltre i limiti definiti dalle norme che lo regolano. Può contagiare il costume giudiziario. Alla fine, valorizza la mano forte e metodi che possono diventare persecutori, di giustizia preventiva.

Chi è adesso che sta facendo allusioni non documentate? Chi getta ora un'ombra, assolutamente senza nessuna prova, indizio o sospetto, su un esponente della magistratura? E a sole poche righe di distanza..
La materia del contendere non si capiva, caro d'Avanzo, anche perchè voi non avete fatto il vostro dovere di giornalisti, mentre state lì ad attaccare, giorno dopo giorno, il gruppo di potere avverso squalificandovi a vicenda. Naturalmente, quando dice "il peggio lo offre Santoro", mente; infatti:

Sono questi i messaggi "barbarici" che il servizio pubblico della Rai ha diffuso con Annozero senza voler considerare la vera e propria disinformazione firmata da Marco Travaglio. Ammesso che Travaglio fosse lì come giornalista e non come leader del largo movimento d'opinione che fa riferimento a Beppe Grillo,

ecco cos'è e chi è il vero obiettivo dell'articolo. E Travaglio, con la sua preparazione, è il membro del movimento d'opinione che fa più paura.

davvero si può rappresentare l'intero sistema politico italiano come governato dal massone Licio Gelli? Si può sostenere che questo governo abbia separato le carriere di pubblico ministero e giudice?


No, perché non è vero. Si può, come se si trattasse di una notizia, sostenere che "la temporaneità degli incarichi direttivi" è un modo per liquidare i magistrati più abili e indipendenti mentre è il solo espediente che una magistratura debole e divisa ha escogitato per evitare che gerarchi in toga si installino in una stessa poltrona per un ventennio diventando parte integrante e preziosa del sistema di potere locale?

L'unica cosa non vera è che Travaglio sostenga una cosa del genere. Travaglio scrive una finta lettera in cui propone accostamenti suggestivi a partire da fatti provati (quelli che non ha fatto lei poco fa, alludendo a DeMagistris). E lei lo censurerebbe nel nome del servizio pubblico. E questa sarebbe libertà di opinione?

Ma c'è un fatto ancor più grave. Travaglio fa riferimento a un fatto specifico e lei non lo spiega ai suoi lettori. Non racconta loro cosa si trovò a villa Wanda 26 anni fa, e perchè Travaglio cita quel documento, chiamato piano di rinascita democratica. Nè ricorda le conclusioni della commissione parlamentare sulla vicenda, nè i nomi di spicco coinvolti. ALlora lo faccio io.

Qui si racconta cos'è la P2.

i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell'ambito di una inchiesta sul presunto rapimento dell'avvocato e uomo d'affari siciliano Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Gelli ad Arezzo, "Villa Wanda", e la fabbrica di sua proprietà (la "Giole" a Castiglion Fibocchi presso Arezzo - divisione giovane di "Lebole"); l'operazione fu eseguita dalla sezione del colonnello Bianchi della Guardia di Finanza, che scoprì fra gli archivi della "Giole" una lista di 953 iscritti alla loggia P2, fra i quali il comandante generale dello stesso corpo, Orazio Giannini (tessera n. 832). Lo stesso Michele Sindona comparve nella lista degli iscritti alla P2, confermando le intuizioni dei giudici istruttori.

Fu immediatamente intuito che i documenti sequestrati testimoniavano dell'esistenza di un'organizzazione che mirava a prendere il possesso delle leve del potere in Italia: il "piano di rinascita democratica", un elaborato a mezza via fra un manifesto ed uno studio di fattibilità sequestrato qualche mese dopo alla figlia di Gelli, conteneva una sorta di ruolino di marcia per la penetrazione di esponenti della loggia nei settori chiave dello Stato, indicazioni per l'avvio di opere di selezionato proselitismo e, opportunamente, anche un preventivo dei costi per l'acquisizione delle funzioni vitali del potere: La disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo.


Qui c'è una lista di 952 nomi di affiliati alla P2 (ma si dice sia incompleta). Fra gli altri ricordiamo, per la loro celebrità:

- Roberto Calvi
- Fabrizio Cicchitto
- Maurizio Costanzo
- Licio Gelli
- Roberto Gervaso
- Angelo Rizzoli
- Silvio Berlusconi
- Vittorio Emanuele di Savoia
- Gustavo Selva
- Michele Sindona

E tanti altri. Inoltre erano presenti i vertici di Finanza, Servizi Segreti, Polizia ed Esercito.


Qui si spiega cos'è il piano di rinascita democratica.
Qui c'è il testo integrale, di cui riporto qualche passo.

Obiettivi

a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC ed al PLI (con riserva di verificare la Destra Nazionale);
b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia per i quotidiani; e, per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia cristiana. La RAI-TV non va dimenticata;
c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori;
d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini da preporre ai singoli dicasteri;
e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi;
f) il Parlamento, la cui efficienza è subordinata al successo dell'operazione sui partiti politici, la stampa ed i sindacati.


2) Partiti politici, stampa e sindacati costituiscono oggetto di sollecitazioni possibili sul piano della manovra di tipo economico-finanziario.

La disponibiltà di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo.

Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accedibili soltanto dopo il buon esito della prima operazione, anche se le due fasi sono necessariamente destinate a subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei procedimenti.


3) Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell'operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l'etereogenità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati nonchè pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità.

Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l'onere dell'attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e straniere che lo vorranno appoggiare. Importante e' stabilire subito un collegamento valido con la massoneria internazionale.

[...]

Programmi

Per programmi s'intende la scelta, in scala di priorità, delle numerose operazioni da compiere in forma di:

a) azioni di comportamento politico ed economico;
b) atti amministrativi (di Governo);
c) atti legislativi;

necessari a ribaltare - in concomitanza con quelle descritte in materia di procedimenti - l'attuale tendenza al disfacimento delle istituzioni e, con essa, alla disottemperanza della Costituzione i cui organi non funzionano più secondo gli schemi originali. Si tratta, in sostanza di "registrare" - come nella stampa in tricromia - le funzioni di ciascuna istituzione e di ogni organo relativo in modo che i rispettivi confini siano esattamente delimitati e scompaiano le attuali aree di sovrapposizione da cui derivano confusione e indebolimento dello Stato.ù

[...]


a1) Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono:
- la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
- il divieto di nominare sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari;
- la normativa per l'accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari);
In ogni caso è CONSIGLIATA FORTEMENTE l'intera lettura del piano.

Qui invece c'è la relazione in proposito della Commissione Parlamentare presieduta dall'on. Tina Anselmi, divisa per capitoli. Alcuni passi dalle conclusioni:

L'esame di queste situazioni ci consente in primo luogo di ribadire con fermezza il rilievo assoluto che la Loggia P2 ha rivestito nelle vicende della vita nazionale, intrecciandosi ad essa secondo trame che, se non completamente conosciute, non è possibile ignorare o ridurre ad interpretazioni di basso profilo. Questa è stata peraltro la valutazione che l'opinione pubblica - alla quale sola, si spera, troppo affrettatamente si è inteso fare riferimento, in pur autorevole sede, quando sì è parlato di "improvvisati tribunali di opinione" - ha istintivamente fornito al momento della pubblicazione delle liste, con un generale movimento di allarme e di necessariamente generica riprovazione.[...]
La prima [conclusione da sottoporre al parlamento. NDR] è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. [...]
In questo contesto finanziario la Loggia P2 ha altresì acquisito il controllo del maggiore gruppo editoriale italiano, mettendo in atto, nel settore di primaria importanza della stampa quotidiana, una operazione di concentrazione di testate non confrontabile ad altre analoghe situazioni, pur riconducibili a preminenti centri di potere economico. Queste operazioni infine, come abbiamo visto, si sono accompagnate ad una ragionata e massiccia infiltrazione nei centri decisionali di maggior rilievo, sia civili che militari e ad una costante pressione sulle forze politiche.[...]
La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici.

Concludiamo con d'Avanzo:

La barbarie di Annozero dovrebbe farci chiedere che cosa deve essere l'informazione del servizio pubblico. Se è "dare le notizie" e "accrescere la conoscenza", come si potrebbe ipotizzare, l'obiettivo è stato del tutto mancato: notizie alquanto confuse, disinformazione; non c'è alcuna conoscenza, soltanto un distillato di veleni in un quadro culturale che ignora le ragioni della democrazia e le convenienze dello Stato di diritto.

Annozero, viene da dire, è stato soltanto un passo verso il suicidio collettivo. Qualche tempo fa, Barbara Spinelli ha ricordato che, per Emile Durkheim, non si suicidano soltanto gli individui, ma anche le società e gli Stati. Accade quando le società perdono le regole; spezzano gli equilibri; slabbrano le istituzioni, lo Stato, la famiglia, il sindacato, le magistrature; vedono frantumarsi i legami sociali come se non ci fosse più alcuna possibilità di tenere insieme interessi, destini, futuro (era il fantasma che avevamo visto al governo con Berlusconi). Può essere ora il lavoro distruttivo che piace alle burocrazie dell'informazione, a cinici politici in cerca di un facile consenso, agli indifferenti amministratori della Rai, ai moltissimi che sono in cerca di una leadership capace di decidere in fretta e imperiosamente, magari dopo un "vaffanculo". A noi, non piace.

Si commenta da solo.